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Francesco
Delfino

1. Il mafioso che portò a Riina
2. La leggenda sulleroico
capitano
3. Le imprese del
«capitano Palinuro»
4. La strage nera
5. Le mani sulle
Br
6. Lantimafia
del generale
7. Affari e politica,
unindagine a Catania
8. Laureato in sequestri:
Sardegna, Brescia, Milano, ancora Brescia
Il 23 gennaio 2001 la Corte di cassazione ha reso definitiva
la condanna per il generale dei carabinieri Francesco Delfino:
tre anni e quattro mesi di reclusione, per truffa aggravata.
Secondo la sentenza, Delfino avrebbe approfittato del rapimento
del suo amico Giuseppe Soffiantini, per truffare alla famiglia
800 milioni, in cambio della promessa di far liberare il sequestrato.
Ma Delfino ha una lunga storia nera alle spalle. Eccola.
1. Il mafioso che portò a Riina
Nella notte tra l'8 e il 9 gennaio 1993, in una stanzetta
del Nucleo operativo dei Carabinieri di Novara, un meccanico
di 39 anni, abitante a Borgomanero, chiede di parlare con
un capo, un pezzo grosso, un generale: deve fare una scelta
radicale, può rivelare cose delicatissime. è
stato arrestato a sorpresa nella sua officina, gli hanno trovato
una pistola Tanfoglio. Ma sa bene che non è per quell'arma
che lo tengono blindato. Si chiama Baldàssare Di
Maggio detto Balduccio, è nato a San Giuseppe Jato
provincia di Palermo, è uomo d'onore, boss di Cosa
Nostra, molto vicino al capo dei capi, Totò Riina
'o Curtu. Balduccio è fuggito al Nord perché
ha capito che nello scontro che lo oppone a Giovanni
Brusca, 'o Curtu si è schierato con i Brusca:
vuol dire essere già morti. Sono ormai le due di notte
quando, chiamato dal tenente colonnello Vincenzo Giuliani,
comandante provinciale dei Carabinieri di Novara, arriva il
«pezzo grosso» che Baldàssare ha chiesto.
è il generale dei carabinieri Francesco Delfino.
Quella notte iniziò la collaborazione di Balduccio
Di Maggio e la caccia a Riina. Quella notte il generale Delfino
tentò di aggiungere un altro mattone alla sua carriera
e nuovo lustro alla sua leggenda: usare Di Maggio per farsi
portare da Riina. «Sono disposto a rivelare quanto so
su Cosa Nostra. A instaurare un rapporto di collaborazione
solo ed esclusivamente con il generale Delfino, con il colonnello
Tassi, il tenente colonnello Giuliani e magistrati
solo se accompagnati da uno dei predetti ufficiali»:
questo è l'impegno che viene fatto sottoscrivere a
Balduccio dal generale. Di Maggio riempie due fogli di schizzi
e indicazioni, con «l'ubicazione delle due ville dove
ho visto in Palermo Totò Riina». A pagina 13
il verbale ribadisce: «Sono comunque disponibile a continuare
la collaborazione alle condizioni che ho dettato all'inizio
e cioè di poter parlare con il generale Delfino, il
colonnello Tassi e il tenente colonnello Giuliani e con un
magistrato da uno dei tre accompagnato...».
Quella notte, a Novara, furono ben tredici i carabinieri che
firmarono, insieme a Delfino, il fatidico verbale.
Quella notte nacquero molti dei misteri aperti ancora oggi
attorno a Di Maggio. Fu il solo Delfino a interrogare Balduccio,
dicono voci raccolte dentro l'Arma, e le tredici firme furono
aggiunte a verbale chiuso. Il generale interrogò Di
Maggio senza averne la facoltà, poiché non era
stato delegato da alcun magistrato a svolgere funzioni di
polizia giudiziaria. La dottoressa Marina Caroselli,
il giovane pubblico ministero di Novara che si occupò
del caso, ebbe anzi uno scontro durissimo con il generale,
che si comportò con lei in modo volgare, prima insinuante
e poi aggressivo.
Quella notte Di Maggio parlò anche di Andreotti, ma
Delfino gli disse di lasciar perdere l'argomento, di concentrarsi
invece su Riina; e gli promise un miliardo: andò davvero
così? Solo Delfino e Balduccio sanno la verità.
Certo è che, dopo quella notte, la vicenda non si sviluppò
come Delfino sperava. Di Maggio fu trasferito a Palermo e
la cattura di Riina fu realizzata dal Ros (il Raggruppamento
Operativo Speciale dei Carabinieri) del generale Mario
Mori e del capitano «Ultimo». Ma Delfino
ha comunque tentato di accreditarsi come l'uomo che permise
la cattura del boss dei boss: diffondendo una versione dei
fatti secondo cui è tutto suo il merito della cattura
di Riina.
(1.continua)
(gianni barbacetto, da «diario della settimana»)
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