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Terroristi, noi?
Dopo luccisione di Marco Biagi
È stato ucciso il consulente del
ministero del Welfare Marco Biagi.
A quattro giorni dalla grande manifestazione della Cgil a
Roma, annunciata per sabato 23 marzo, puntuali si ripresentano
sulla scena italiana le armi degli assassini.
1. Riti di morte.
Chiunque sia stato, sappia che il nuovo movimento per la democrazia,
gli indignati dei girotondi, il popolo del Palavobis, non
tollera i riti di morte. Siamo radicali e intransigenti, ma
nella democrazia. Chi usa le armi disprezza la democrazia,
dunque è nostro nemico. Chi uccide provoca un arretramento,
un indebolimento della protesta democratica. Toglie coraggio
e vigore, costringe al silenzio di fronte allurlo delle
armi. Ma noi non ci lasceremo intimorire. Non faremo passi
indietro. Non permetteremo che siano i terroristi (in tutto
80 persone, secondo i rapporti dei servizi segreti) a dettare
la nostra agenda politica.
2. Sciacalli.
Le prime reazioni di Berlusconi e dei suoi sono inaccettabili:
ad armare la mano dei killer sarebbero coloro che hanno in
questi mesi alimentato «un clima dodio»,
cioè lopposizione sindacale e i cittadini dei
girotondi. Una reazione di sciacallaggio politico: è
evidente che la critica, anche dura, nei confronti del Berlusconi
del conflitto dinteressi e dellattacco ai diritti
dei lavoratori non ha nulla a che fare con le armi. Abbassare
i toni? Sì: abbassino i toni Berlusconi, Sgarbi, Taormina,
Bossi, il corleonese Schifani... Se uccidessero un magistrato,
sarebbero forse loro, quotidiani fomentatori di «un
clima dodio», i mandanti? Noi vogliamo poter discutere,
ragionare, criticare.
3. Azioni annunciate.
Dopo il Palavobis è stato il ministro Roberto Castelli
ad annunciare che gli attacchi a Berlusconi e al governo preparavano
il clima alla violenza: e subito è scoppiata la bombetta
al Viminale. Poi è stato il settimanale "Panorama"
ad annunciare che i terroristi avevano nel mirino «il
ministro Roberto Maroni e i suoi collaboratori»: ed
è stato assassinato Biagi. Sarà casuale, ma
nel Paese delle stragi, delle strategie della tensione, dei
servizi segreti usati per i lavori più sporchi queste
simmetrie sono un nuovo elemento inquietante.
4. Scorte.
Ci hanno detto, qualche mese fa, che la scorta veniva tolta
ad alcuni magistrati (fra cui Ilda Boccassini)
per poter proteggere persone davvero a rischio. Biagi era
fra queste, come abbiamo letto perfino su "Panorama".
E allora perché non era protetto? Perché, ministro
Scajola?
Resistere, resistere, resistere.
Non ci facciamo intimorire da chi usa le armi.
Non ci facciamo spaventare da chi cerca «mandanti»
tra i cittadini indignati. La nostra protesta è tranquilla,
è gioiosa, è democratica. Andrà avanti.
Andremo a Roma, il 23 marzo, ora più che mai. Contro
il terrorismo, contro i nemici della democrazia dentro lo
Stato.
marzo 2002
Golpi di pistola
Come,
invece di isolare insieme il terrorismo, si è imbastita
una campagna politica e mediatica sul «clima dodio».
Obiettivo: i sindacati e il movimento dei girotondi
Non era ancora arrivata
la rivendicazione eppure, a poche ore dallomicidio
del professor Marco Biagi, autorevolissime dichiarazioni sostenevano
che la pistola che aveva sparato martedì 19 marzo a
Bologna era certamente la stessa che aveva colpito, tre anni
fa, Massimo DAntona: ad affermarlo senzombra di
dubbio, mercoledì 20 marzo, erano, nellordine,
il procuratore di Roma Salvatore Vecchione (ore 18.54), il
ministro dellInterno Claudio Scajola (ore 20.05), il
procuratore reggente di Bologna Luigi Persico (20.30). Davvero
strano: una seria perizia balistica ha bisogno di molto tempo,
almeno alcuni giorni. E poi affermare pubblicamente che la
pistola è la stessa potrebbe essere un regalo fatto
agli attentatori, nel caso che il gruppo di fuoco entrato
in azione non avesse conosciuto la provenienza dellarma.
perché tanta fretta di dire ufficialmente che la pistola
è la stessa, senza certezza scientifica e anche a rischio
di dare un eventuale vantaggio ai terroristi? Vecchione voleva
incardinare le indagini su Biagi a Roma, dove languono da
tre anni quelle su DAntona. E Scajola? Il ministro voleva
rendere nota subito la firma dellazione, targarla inequivocabilmente
Br. Per dare immediatamente la chiave di lettura e utilizzare
politicamente e mediaticamente levento.
Detto, fatto. È subito partita la campagna sul «clima
dodio». Un uso improprio di cadavere da parte
di una frazione della maggioranza (Berlusconi, Bossi, Tremonti,
Martino, Schifani...), che ha colto loccasione per criminalizzare
lopposizione e il sindacato, dipingendoli come terroristi,
o almeno terroristogeni, generatori di terrorismo. Ma larma
è davvero la stessa? Nessuna analisi balistica può
averlo assicurato in poche ore. A distanza di oltre una settimana,
invece, è possibile constatare che il ritorno allazione
del partito armato ha evidenziato i grandi limiti istituzionali
di fronte al nuovo terrorismo: non lo conosciamo, sappiamo
poco o nulla dei gruppi combattenti, e soprattutto non abbiamo
strumenti efficaci di contrasto. È ancora impunito lomicidio
precedente a quello di Biagi, che ha avuto come vittima DAntona,
anchegli consulente del ministero del Lavoro, ucciso
il 20 maggio 1999. E cercare di capire, oggi, che cosè
il nuovo terrorismo, significa allora farsi strada tra le
congetture più diverse, a volte tra ipotesi diametralmente
opposte. Vediamo.
1. La previsione dei servizi.
Cè un dato di partenza: i servizi segreti, questa
volta, avevano visto giusto. Lultima relazione semestrale
sullattività dintelligence aveva previsto
azioni «contro le espressioni e le personalità
del mondo politico, sindacale e imprenditoriale maggiormente
impegnate nelle riforme economico-sociali e del mercato del
lavoro e, segnatamente, quelle con ruoli chiave in veste di
tecnici e consulenti». Un identikit impressionante.
Quasi un annuncio dellazione di Bologna. Ma poi chi
aveva il compito di tradurre in scelte operative le analisi
dellintelligence (il presidente del Consiglio, il ministro
dellInterno) non ha fatto un passo. Benché fosse
certamente tra i personaggi a rischio attentati e avesse chiesto
con insistenza una protezione, Biagi è stato privato
della scorta che aveva fino allautunno scorso e lasciato
solo. In un altro Paese dEuropa il ministro dellInterno,
dopo una prova come questa, sarebbe stato costretto a dimettersi.
Anche la vecchia Dc lo avrebbe probabilmente convinto a farsi
da parte, magari promettendogli un buon posto altrove. Invece
Scajola ha potuto restare tranquillamente al suo posto, scaricando
incredibilmente le responsabilità sui suoi funzionari,
sui prefetti. Resta il problema che il governo non ha saputo
garantire la sicurezza e la vita a un consulente di un ministro
della Repubblica.
Anche sulla natura della previsione non esiste accordo tra
gli addetti ai lavori. «Dimostra la buona professionalità
dei nostri servizi di sicurezza», dice Giuseppe De Lutiis,
studioso dei servizi segreti. «Ma no, era un allarme
ovvio e generico», controbatte il magistrato di Venezia
Carlo Mastelloni. «La relazione dei servizi indicava
molte aree a rischio, tutte quelle che sensatamente chiunque
di noi potrebbe ipotizzare: dal terrorismo islamico al fronte
del lavoro», gli fa eco un magistrato impegnato nelle
indagini sui gruppi terroristici. Troppo poco per convincerci
che ci sia una specifica attività dintelligence
sui prossimi obiettivi, ma comunque abbastanza per dare una
protezione a Biagi. «La verità è che i
servizi, invece di fornire indicazioni utili alla polizia
giudiziaria, da questa attingono informazioni: si è
invertito il rapporto», segnala il magistrato. «Raccolgono
notizie dalle Digos e poi stilano rapporti generici, analisi
astratte. Manca completamente il lavoro specifico sui gruppi
armati: gli investigatori non hanno più informatori
e infiltrati nellarea, cioè gli unici strumenti
in grado di dare risultati. Del resto, esaurita - fortunatamente
- la grande stagione del terrorismo, gli investigatori migliori
si sono spostati su altre emergenze, per esempio quella antimafia.
Per fare bene lantiterrorismo ci vogliono investimenti
e uomini: per pedinare un sospetto, per esempio, sono necessari
almeno trenta agenti».
Il generale Mario Mori, diventato direttore del Sisde, il
servizio segreto civile, sta rinnovando i quadri, sta facendo
nuove assunzioni, anche chiamando i suoi uomini migliori dei
tempi in cui comandava il Ros-carabinieri. Ma ristrutturare
e rilanciare un servizio appesantito dalle vecchie assunzioni
clientelari e inquinato dagli scandali del passato non è
impresa facile. Oltretutto, negli ultimi mesi le forze migliori
sono state concentrate nel contrasto al terrorismo islamico.
Il giudizio di Mastelloni sullo stato dellarte è
ancora più duro: «Gli inquirenti confondono ancora
larea dei centri sociali con larea del partito
armato. E poi sono gli stessi magistrati ad aver perso la
specializzazione antieversione, oggi non sentono più
lemergenza terrorismo».
2. I gruppi armati.
Pochi, senza grande organizzazione, privi di contatti con
il movimento. Così sono oggi i nuovi terroristi. Consegnata
alla storia la «geometrica potenza»che permetteva
alle Br di compiere operazioni militari complesse come il
sequestro Moro, oggi i gruppi armati colpiscono obiettivi
facili, uomini indifesi come DAntona e Biagi. «Non
sono più di cento in tutta Italia», dice il magistrato
antiterrorismo, «e forse già cento è un
numero esagerato». Ma di più non è dato
sapere. Le ipotesi che sono state avanzate sono tutte prive
di riscontri. Biagi è stato davvero ucciso dallo stesso
commando che sparò a DAntona? Oppure è
rimasto vittima del Npr, il Nucleo proletario rivoluzionario
che compì un attentato alla sede Cisl di Milano il
6 luglio 2000 e ora con lomicidio Biagi si accredita
ed entra a pieno titolo nelle Br-Pcc, le Brigate rosse-Partito
comunista combattente? Non ci sono elementi per dirlo. E non
cè chiarezza neppure sui rapporti che intercorrono
tra le diverse sigle eversive.
Le Br-Pcc sono certamente il gruppo più strutturato,
quello che si dice erede diretto delle Brigate rosse storiche.
I suoi capi, o comunque coloro che garantiscono la continuità,
sono in carcere o latitanti allestero. Tra loro, Carla
Vendetti e Simonetta Giorgieri. «Un personaggio di rilievo
nella loro organizzazione è molto probabilmente Nicola
Bortone, di recente arrestato in Svizzera», dice Armando
Spataro, magistrato a Milano negli anni duri del terrorismo.
Con la sigla Ncc (Nuclei comunisti combattenti) gli «irriducibili»
delle Br hanno firmato gli attentati compiuti durante la fase
della «ritirata strategica»: contro la sede della
Confindustria a Roma nel 1992 e nel 1994 contro il Nato Defense
College. Poi, tra il 1993 e il 1994, tornano in vita le Br-Pcc:
con un attentato nel 1993 alla base militare di Aviano, in
Veneto, ma soprattutto con lomicidio DAntona,
nel maggio 1999. È il loro battesimo del fuoco: ottengono
lavallo dei brigatisti in carcere e, ormai inglobati
i Nuclei comunisti combattenti, «rilanciano» con
il sangue la sigla Br-Pcc. Attorno, le altre sigle: Npr (Nuclei
proletari rivoluzionari) e Nipr (Nuclei di iniziativa proletaria
rivoluzionaria), contingui alle Br-Pcc. I Nipr hanno compiuto
un attentato a Roma in via Brunetti, alla sede di un istituto
di studi internazionali, il 14 ottobre 2001, e nel gennaio
2002 con un volantino alla Cisl hanno rilanciato la prospettiva
della lotta armata.
Più impegnati sui temi internazionali i Nuclei territoriali
antimperialisti (Nta), che hanno iniziato a operare nel 1995
in Friuli, con azioni contro la Nato. cè poi
la galassia anarco-insurrezionalista, che ha rivendicato con
la sigla Si (Solidarietà internazionale) lo zaino-bomba
collocato il 28 giugno 2000 nella basilica di SantAmbrogio
a Milano e lordigno posto sul tetto del Duomo di Milano
il 18 dicembre 2000. Si sono rivolte invece a destra le indagini
sulla bomba esplosa al palazzo di Giustizia di Rialto a Venezia,
segno che cè ancora chi lavora per cercare di
confondere il rosso e il nero. La tesi del giudice Mastelloni
è radicale: «Questi, oltre che assassini, sono
truffatori. Sono poche persone, senza la forza di organizzarsi
in colonne, che giocano con le sigle, che le usano indifferentemente
a seconda degli obiettivi. Nel gennaio scorso hanno tentato
unazione, fallita, allaeroporto militare di Rivolto,
nei pressi di Udine. Poi hanno fatto ritrovare un volantino,
firmato dai Nuclei antimperialisti, in cui promettevano: colpiremo
di nuovo molto presto e molto più duro. Due mesi
dopo, ecco lassassinio di Biagi, firmato Br-Pcc».
Alberto Franceschini, che negli anni Settanta fece parte del
gruppo storico delle Brigate rosse, ritiene che i gruppi armati
siano oggi separati dalla realtà sociale: «Le
Br negli anni Settanta volevano parlare al movimento. Le loro
azioni erano rivolte al potere, ma anche alle masse,
di cui si ritenevano punta avanzata. E i documenti delle vecchie
Br fornivano unanalisi del potere, ma anche del movimento.
così i documenti Br dopo i sequestri Amerio o Sossi,
per esempio, davano informazioni sullo scontro sociale in
atto. Finito il movimento, le Br hanno deciso la ritirata
strategica. Gli assassini di Biagi, invece, appaiono
tutti interni alle logiche del potere: in 26 pagine di farraginose
argomentazioni, non dedicano una sola riga al movimento. Del
resto, oggi anche la parte più a sinistra dellopposizione
rifiuta i gruppi armati. Luca Casarini li ha definiti terrorismo
di Stato». Aggiunge De Lutiis: «Sono un
nucleo blindato. Forse non vogliono neanche avere rapporti
con lesterno: crescere vorrebbe dire aprirsi e dunque
sottoporsi a rischi dinfiltrazione». Mastelloni
conferma: «Sono un organismo operativo in un circuito
chiuso. Hanno mostrato i muscoli per ottenere il riconoscimento
dai vecchi brigatisti in carcere, ma camminano su una strada
cieca, non hanno rapporti con il movimento.
Anche il documento di rivendicazione non è rivolto
al movimento, non ha fini di propaganda armata,
come quelli che seguivano le azioni delle Br storiche. Dopo
il sequestro Moro le Brigate rosse divennero un polo dattrazione
per molti giovani del movimento. Oggi questi parlano solo
tra di loro, forse hanno problemi di leadership interna. E
riescono a fare soltanto terrorismo da strada,
senza grande organizzazione militare». Se i nuclei armati
sono così deboli, però, appare ancora più
grave la mancanza di tutela degli uomini a rischio, perché
oggi una tutela può significare aver salva la vita.
La riduzione delle scorte, comunque la si guardi, sembra dunque
un colossale errore. E per di più inutile: i poliziotti
tolti alle scorte non sono andati a rafforzare altri servizi.
Racconta un magistrato attivo a Milano: «Qui sono cento
gli uomini del nucleo scorte. Malgrado i tagli del 30 per
cento degli scortati ordinati da Scajola, neppure un poliziotto
- ripeto, neppure uno - è stato spostato ad altri servizi,
perché comunque sono molti i politici di passaggio
a Milano che devono avere in ogni momento uomini a disposizione».
Inoltre ci sono le «personalità» che devono
essere scortate: come il figlio di Gheddafi, che viene spessissimo
a fare vita notturna a Milano, suite al Principe di Savoia,
notti brave nelle discoteche e nei club, bodyguard libici
che lo proteggono, ma rafforzati da una squadra di nostri
attoniti poliziotti.
3. Indagini sbagliate.
Se le indagini sullomicidio DAntona fossero state
efficaci, forse Biagi sarebbe ancora vivo. Invece, dicono
alcuni degli stessi investigatori, è stato fatto un
errore dopo laltro. Il più grave: larresto
anzitempo (a causa di una fuga di notizie) di Alessandro Geri,
finito in carcere il 16 maggio 2000 con laccusa di essere
stato il telefonista del gruppo armato. Una pista investigativa
che avrebbe dovuto essere approfondita e invece è stata
bruciata. Errore ripetuto il 3 maggio 2001, con larresto
anticipato di otto persone, tra cui Norberto Natali, leader
del piccolo gruppo di Iniziativa comunista. Oggi la storia
sembra ripetersi: perché tanta fretta di dire che la
pistola è la stessa, anche a rischio di dare un eventuale
vantaggio ai terroristi? perché lasciar filtrare le
notizie sui testimoni e su chi pedinava Biagi?
Le piste da battere, dice il tecnico, sono quelle del percorso
informatico compiuto dalla rivendicazione; delle comunicazioni
telefoniche avvenute nelle ore precedenti lagguato;
delle eventuali immagini catturate da telecamere; delle eventuali
tracce lasciate usando tessere magnetiche (bancomat, telepass...)
o acquistando biglietti aerei. Utile potrebbe essere anche
un «macroconfronto» tra il traffico telefonico nei giorni
dei due omicidi, Biagi e DAntona, realizzato dai sospettati
per questultimo assassinio. Ma chissà se, invece
dimparare dagli errori del passato, non si batteranno
le stesse strade.
4. Dietrologie.
La storia italiana giustifica anche qualche dietrologia. Basta
leggere un libro come Lo stato invisibile, di Gianni Cipriani,
per ripensare a tutte le infiltrazioni e gli usi di Stato
del terrorismo avvenuti fino a pochi anni fa. E oggi? De Lutiis
pone qualche problema: «Sono un nucleo serio, che ha
dimostrato unottima professionalità. Nellomicidio
DAntona sono stati pulitissimi, non hanno
lasciato sul luogo dellazione neanche un bossolo, neppure
un capello. Nellomicidio Biagi sono entrati in funzione
molte figure, chi lha pedinato da Modena a Bologna,
chi lha aspettato sotto casa; e sembra che un secondo
uomo si sia avvicinato alla vittima già colpita per
sparare il colpo di grazia alla nuca. Molto professionali.
Dove hanno imparato tanta freddezza? Chi li ha addestrati?
E dove? Certo non nel cortile di casa».
Franceschini va oltre: «Abbiamo in poche settimane due
azioni annunciate: il ministro della Giustizia Roberto Castelli
dice che il Palavobis e i girotondi seminano lodio e
portano al terrorismo, e subito scoppia un motorino-bomba
addossato al muro del Viminale; poi il settimanale Panorama
scrive che nellobiettivo dei terroristi ci sono i consulenti
del ministro Maroni, e alla vigilia della manifestazione della
Cgil a Roma è colpito Biagi». Non ha funzionato.
Da qualunque parte la si guardi, lazione armata di Bologna
non ha ottenuto i risultati cinicamente sperati dai killer
e dai loro teorici. Ha fallito se voleva spostare una parte
del movimento verso la lotta armata: anche lala più
a sinistra ha condannato lattentato, bollandolo addirittura
come «terrorismo di Stato» e come ripresa della strategia
della tensione. Ma avrebbe fallito anche in questo caso, anche
se avesse avuto come obiettivo quello di ibernare la protesta,
di impedire la saldatura tra indignazione dei girotondi e
lotte sindacali: dopo lassassinio annunciato di un uomo
lasciato solo, a Roma è avvenuta la più grande
manifestazione dellItalia repubblicana.
Ma se Sergio Cofferati avesse ceduto, avesse annullato la
manifestazione? Se il Circo Massimo fosse restato vuoto? «Viene
da pensare che qualcuno attendesse queste azioni, pronte per
essere utilizzate per criminalizzare lintero movimento
dopposizione», commenta Franceschini. «Il
Foglio ha addirittura proposto che a Biagi fossero tributati
funerali di Stato, da trasmettere in diretta in contemporanea
con la manifestazione sindacale: così il governo avrebbe
potuto riprendersi la scena mediatica rubata da
Cofferati. Nei prossimi mesi è possibile che ci sia
un innalzamento del contrasto sociale: dobbiamo aspettarci
nuove azioni? È linizio di una nuova strategia?
La strage di piazza Fontana arrivò dopo tanti piccoli
attentati e dopo lautunno caldo, con lobiettivo
di terrorizzare chi lottava. Dobbiamo aspettarci qualcosa
di simile nei prossimi mesi? È tornato sulla scena
un cadavere che si chiama Br e i suoi effetti sono quelli
di mettere in difficoltà i movimenti antagonisti, non
certo il governo e la Confindustria, che anzi vi attingono
nuovi argomenti (il clima dodio) per attaccare
i sindacati e i girotondi. Anche ammessa la buona fede, questi
sono degli idioti che compiono azioni controproducenti per
il movimento. Si presentano come una specie di Spectre mondiale
del terrore anticapitalista, ma producono effetti tattico-politici
opposti a quelli che dicono di perseguire. Sembra però
che ci siano settori del governo che li aspettavano, che dopo
lallarme non hanno protetto la vittima designata e poi
hanno cercato di utilizzare levento per riprendersi
la scena dei media».
Gli esponenti governativi che hanno cavalcato «il clima
dodio» questa volta sono in buona compagnia: Oreste
Scalzone, ex leader di Potere operaio e dei Cocori (Comitati
comunisti rivoluzionari), ha dichiarato che lorigine
dellomicidio va rintracciata «nelle tematiche
del Palavobis», nel «resistere, resistere, resistere»
di Francesco Saverio Borrelli e nelle parole di intellettuali
come Nanni Moretti e Gianni Vattimo. Nel 1994, del resto,
subito dopo la vittoria elettorale di Silvio Berlusconi, Toni
Negri aveva dichiarato al Corriere della sera che Mani pulite
era stata «un colpo di Stato, un tentativo del Pds di
andare al potere».
5. Senza stella a cinque punte.
Prosegue Franceschini: «La notizia delluccisione
di Marco Biagi mi ha fatto pensare al ritorno di un gruppo
di marziani che ci hanno ributtato in un passato ormai finito.
cè lorrore per una uomo ucciso, certo,
ma cè anche altro. Il linguaggio delle Brigate
rosse io lo dovrei conoscere. Ebbene: mi pare che questa volta
prevalgano gli elementi di discontinuità; non cè
più continuità storica con lesperienza
delle Br. Noi ci davamo anche un look da esercito, ci preoccupavamo
di mostrarci come gruppi combattenti che compivano azioni
occupando, almeno temporaneamente, il territorio. Questi invece
fanno un omicidio di strada, con un motorino: come la camorra
in Campania. Manca perfino lelemento rituale: questa
è la prima volta che unazione delle Br viene
rivendicata senza un volantino concreto, con disegnata la
stella a cinque punte. Il documento di rivendicazione è
un messaggio virtuale, inviato via computer e senza la stella:
e le ritualità hanno la loro importanza».
«Diciamo la verità», valuta pensoso il
magistrato antiterrorismo, «forse dobbiamo abituarci
a uno zoccolo deversione, che non è un vasto
fenomeno terroristico. In Grecia esiste un gruppo, il 17
Novembre, che da 27 anni uccide personalità greche
o statunitensi, una vittima ogni due o tre anni, ammazzata
con la stessa pistola: è un gruppo piccolo, chiuso,
imprendibile. Dovremo imparare anche noi a convivere con un
fenomeno del genere?». E Mastelloni: «Noi, dopo
un omicidio, li vediamo con la lente dingrandimento.
Ma sono soltanto un gruppetto che si muove nel solco delle
vecchie Br, morte e sepolte, e suggestionano soltanto qualche
frangia marginale. Terrorismo endemico: sembra cinico dirlo,
ma è probabile che dovremo imparare a convivere con
unomicidio ogni tanto, compiuto per simulare una rete
eversiva che non cè». Aggiunge invece il
magistrato antiterrorismo: «Certo è che le Br-Pcc
nel loro ultimo documento dicono di essere contrarie allo
spazio giuridico europeo: almeno in questo, sono in linea
con il governo italiano, nemico del mandato di cattura europeo».
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