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Giustizia, il golpe strisciante
Il Polo delle Impunità
al lavoro per stravolgere i codici. Obiettivo: far uscire
indenni dai processi Berlusconi e i suoi amici. Risultato
finale: i politici otterrano l'immunità, ma l'Italia
precipiterà in una cultura giuridica medioevale e diventerà
un paradiso per mafiosi e criminali. Ecco tutte le leggi e
le proposte di legge che ci porteranno fuori dall'Europa e
fuori dalla democrazia
«Riscriverò i Codici. Se ne sono occupati Napoleone,
Giustiniano... Noi siamo piccolissimi, ma ci proveremo».
Così dichiarò Silvio Berlusconi il 5 aprile
2001, in un intervento alla Confcooperative. Allora alcuni
commentatori si sbizzarrirono in frizzi e lazzi, i vignettisti
disegnarono il premier come un Napoleone da barzelletta. Ma
oggi si comprende che non c'era niente da ridere: la promessa,
almeno questa, è stata mantenuta. Meno tasse e più
pensioni? No, non ancora. Ma nuove leggi sì, di corsa
verso un abbozzo di nuovo sistema giudiziario e di nuovi rapporti
più aperti, più permissivi tra codici e
politica, e tra codici e impresa.
L'ultima mossa che sarà rapidamente completata
in autunno, giura la maggioranza berlusconiana è
stata la reintroduzione nel nostro ordinamento del «legittimo
sospetto» come motivo per lo spostamento dei processi,
strappati al giudice naturale. Prima di questo, è stato
di fatto azzerato il reato di falso in bilancio. È
stata approvata (con forzature estive e voto di fiducia) la
cosiddetta Legge obiettivo, che indebolisce valutazione ambientale,
controlli e trasparenza nella costruzione delle opere pubbliche.
È stata abbattuta la tassa di successione per i grandi
patrimoni. È stato permesso il rientro dei capitali
(anche quelli «opachi») fuggiti all'estero. È
stato riformato il Csm, con l'intenzione di renderlo più
«vicino» alla politica e più controllabile
dai politici. È stata varata una nuova disciplina sulle
rogatorie internazionali che avrebbe dovuto rendere inutilizzabili
molte prove processuali provenienti dall'estero.
Molto è stato fatto, dunque, ma siamo solo all'inizio.
In Parlamento aspettano di essere esaminate molte proposte
che si propongono di completare l'opera di «riforma».
Quella che allarga le possibilità di ricusazione dei
giudici (legge Anedda). Quella che strappa il controllo della
polizia giudiziaria ai magistrati (legge Mormino). Quella
che apre la possibilità di revisione dei processi celebrati
prima dell'approvazione del cosiddetto «giusto processo»
(legge Saponara). Quella che stravolge più in generale
i codici (legge Pittelli). Il ministro della Giustizia Roberto
Castelli tiene molto poi all'amnistia per i reati d'opinione
e al suo progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario,
che introdurrebbe, soprattutto, la divisione delle funzioni
tra giudici e magistrati che sostengono l'accusa (anche se
nella maggioranza c'è chi vuole passare direttamente
alla divisione delle carriere).
Non tutte le ciambelle riescono col buco. E infatti
alcuni dei provvedimenti varati non hanno avuto gli esiti
sperati dal governo e dalla sua maggioranza: l'esistenza di
trattati internazionali, per esempio, ha permesso ai tribunali
di continuare comunque ad avvalersi delle prove raccolte all'estero;
e le ultime elezioni del Consiglio superiore della magistratura
hanno prodotto una maggioranza del Csm ben decisa a difendere
il principio costituzionale dell'autonomia della magistratura
dalla politica. Ma nell'insieme è già perfettamente
visibile il disegno complessivo a cui si ispira il «Berlusconi
Giustiniano». Effetto immediato: risolvere i pressanti
problemi giudiziari del presidente del Consiglio e del suo
gruppo. Così la nuova legge sul falso in bilancio ha
disinnescato tre processi (per il passaggio del calciatore
Lentini dal Torino al Milan; per i bilanci truccati per non
far risultare i 21 miliardi pagati a Bettino Craxi attraverso
la società All Iberian; per la galassia delle società
off-shore della Fininvest-ombra, detta Fininvest Group B-very
discreet). E il «legittimo sospetto» bloccherà
i due procedimenti di Milano dove Berlusconi è imputato
con Cesare Previti (Sme-Lodo Mondadori e Imi-Sir).
Leggi su misura: laddove non è sufficiente l'azione
di ostruzionismo condotta dagli avvocati difensori nelle aule
dei tribunali al fine di far scattare la prescrizione (che
ha già salvato Berlusconi in tre processi), ecco che
gli stessi avvocati difensori, che siedono anche in Parlamento,
preparano o contribuiscono a preparare le norme di legge che,
cambiando le regole in corsa, impediscono che la partita si
concluda con una sconfitta. Ma poiché le leggi, una volta
varate per Berlusconi e soci, sono valide per tutti, ecco
che si produce un effetto generale forse ancor più
preoccupante, una sorta di devastazione dei codici e della
civiltà giuridica. Il politologo Giovanni Sartori,
dopo l'approvazione al Senato del «legittimo sospetto»,
ha dichiarato: «Berlusconi sta trasformando la democrazia
in un regime a fini privati. Cancellando il giudice naturale
si va contro un principio che regola il diritto in Occidente
dal Medioevo in poi».
Ecco le leggi stravolgi-codici
del Polo delle Impunità
Silvio Berlusconi l¹aveva promesso: «Riscriverò i Codici.
Se ne sono occupati Napoleone, Giustiniano... Noi siamo piccolissimi,
ma ci proveremo». Era il 5 aprile 2001, venti giorni dopo
la sua vittoria elettorale, e il leader del centrodestra parlava
davanti all¹assemblea della Confcooperative. Allora qualche
commentatore si era lasciato andare a critiche impietose su
Berlusconi-Giustiniano e qualche vignettista aveva disegnato
il premier come un Napoleone da barzelletta. Del resto, in
un¹altra occasione, Berlusconi aveva dichiarato di tenere
un ritratto dell¹imperatore Giustiniano nella sua camera,
accanto a una fotografia di Margaret Thatcher. Ma oggi, dopo
oltre un anno di governo del centrodestra, è ormai chiaro
che non c¹era niente da ridere: la promessa, almeno questa,
è stata mantenuta. Per le tasse da ridurre e le pensioni da
elevare bisognerà avere ancora pazienza, per i codici da riscrivere,
invece, già ci siamo. Alcune nuove leggi sono già state approvate,
con rapidità mai vista. Altre sono in arrivo. Elencarle ed
esaminarle tutte insieme rende possibile capire le linee di
tendenza del «Codice Berlusconi», il progetto da cui nasce,
gli esiti che produrrà.
Appaiono subito evidenti i motivi personali e contingenti
da cui sono ispirate alcune leggi (nuova disciplina sul falso
in bilancio, nuove regole sulle rogatorie internazionali,
«legittimo sospetto»...), varate in tutta fretta per neutralizzare
alcuni processi in corso con imputati Silvio Berlusconi e
personaggi del suo stretto entourage. Le richieste d¹impunità,
del resto, sono più ampie: basti pensare che sono una novantina
i parlamentari con problemi penali e innumerevoli i politici,
gli amministratori, i manager. Ma le leggi, una volta fatte,
valgono per tutti: così il «Codice Berlusconi» finisce per
devastare il modello di processo accusatorio e stravolgere
la nostra cultura giuridica. Instaura un nuovo sistema giudiziario
che apre vaste aree d¹impunità per la politica e per l¹impresa,
che rende più difficile, anzi quasi impossibile, il controllo
di legalità nei confronti del potere politico e di quello
economico.
Anche al di là dei problemi giudiziari personali di questo
o quell¹uomo di partito, una parte consistente (e bipartisan)
dell¹élite politica è animata dalla volontà di riaffermare
la «supremazia della politica», dopo anni (quelli di Mani
pulite) in cui i giudici hanno almeno in alcune zone del paese
efficacemente esercitato il controllo di legalità: ma quella
riaffermazione si traduce in spirito di rivalsa nei confronti
dei magistrati e la supremazia della politica diventa ritorno
all¹impunità. In questo quadro, è però evidente che non solo
politici, amministratori, imprenditori e manager, ma anche
qualunque imputato dotato di buoni avvocati (e gli esponenti
della criminalità organizzata, per esempio, sono tra questi)
possa trovare nelle nuove norme del «Codice Berlusconi» le
vie per sfuggire a una sentenza di condanna.
Va detto che il governo Berlusconi non compie, nel campo della
politica giudiziaria, una rottura, una svolta radicale rispetto
agli indirizzi dei governi precedenti. Già i governi di centrosinistra
avevano infatti avviato smentendo il programma sulla giustizia
con cui l¹Ulivo si era presentato alle elezioni del 1996
un¹azione di allentamento del controllo di legalità, rendendo
di fatto più difficile l¹esercizio dell¹azione penale. È durante
i governi dell¹Ulivo che sono varate le leggi che, tra l¹altro,
hanno reso più difficile la custodia cautelare, meno conveniente
la scelta di diventare collaboratore di giustizia, non più
reato l¹abuso d¹ufficio per finalità non patrimoniali... È
durante i governi dell¹Ulivo che è varato il cosiddetto «giusto
processo».
Berlusconi, vinte le elezioni, ha proseguito sulla strada
di questo sedicente «garantismo» che è in realtà l¹avvio di
una giustizia a due velocità: massima severità per i soggetti
deboli e tendenziale impunità per i potenti. E lo ha portato
alle estreme conseguenze. Sono aumentate le aree franche per
i colletti bianchi, mentre sono state inasprite le pene per
i furti domiciliari e gli scippi. Fino all¹estremo stravolgimento
dei codici e alla mortificazione della nostra civiltà giuridica:
con il varo di norme ad personam studiate dagli avvocati che
difendono il presidente del Consiglio nei processi che ha
in corso a Milano. Ecco dunque ricostruiti, con le leggi già
approvate e i più significativi tra gli innumerevoli progetti
presentati in Parlamento, i principali contenuti del «Codice
Berlusconi».
Falso in bilancio.
Una legge approvata nei primi cento giorni del
governo Berlusconi depenalizza di fatto il reato di falso
in bilancio, trasformato da «reato di pericolo» (che protegge
interessi diffusi) a «reato di danno» (che protegge chi ha
ricevuto un danno economico). Proprio mentre l¹economia diventa
finanziaria, si globalizza e le informazioni diventano essenziali,
questa legge tradisce una concezione vecchissima, privatistica,
individuale, patrimoniale, dell¹economia. E presuppone che
parti interessate alle comunicazioni societarie siano i soci
ed eventualmente i creditori, e non invece il mercato nella
sua interezza, la cui correttezza e trasparenza dev¹essere
garantita da regole certe. Secondo la nuova legge, nel caso
di società non quotate in Borsa il falso in bilancio può essere
perseguito soltanto in seguito a querela di parte: querela
assolutamente improbabile, poiché di norma i soci, che avrebbero
titolo a querelare, sono coloro che traggono benefici dal
reato. «Sarebbe come pretendere che il furto divenga perseguibile
a querela del ladro», ha commentato il magistrato Piercamillo
Davigo. Quasi impossibile indagare e arrivare a una sentenza
di condanna anche in caso di società quotate, per effetto
delle nuove norme: minori i mezzi di indagine permessi, più
rapida la prescrizione, più larghe le maglie della legge.
Non è infatti più perseguibile il falso in bilancio sotto
determinate soglie (viene introdotta così la «modica quantità»)
e il «falso qualitativo» (cioè l¹iscrizione a bilancio di
partite vere, ma sotto nomi diversi dal vero). Sono dunque
legalizzati i fondi neri (e quindi le tangenti, che dai fondi
neri sono attinte), che possono essere iscritti a bilancio
sotto la voce, per esempio, «pubbliche relazioni». Possono
essere legalmente gonfiati i giri d¹affari, con entrate fasulle
a cui corrispondano altrettanto fasulle uscite, purché la
somma finale non si discosti troppo dal vero: simulare grossi
giri d¹affari è utile non solo per ottenere credito bancario
ma, più in generale, falsa l¹immagine dell¹azienda nel mercato.
La nuova legge sul falso in bilancio ha disinnescato tre processi
in corso a Milano nei confronti di uomini Fininvest: per il
passaggio del calciatore Gianluigi Lentini dal Torino al Milan;
per i bilanci della Fininvest, truccati per non far risultare
i 21 miliardi pagati a Bettino Craxi attraverso la società
All Iberian; per la galassia delle società off-shore della
Fininvest-ombra, detta «Fininvest Group B-very discreet».
Legge approvata e vigente, è in plateale contrasto con la
tendenza in atto invece negli Stati Uniti, dove dopo i recenti
scandali finanziari sono stati resi ancor più rigorosi i controlli
e più severe le pene per garantire la trasparenza e la correttezza
dei mercati. I manager delle società americane sono stati
costretti dalla Sec, l¹agenzia di controllo della Borsa, a
firmare una dichiarazione giurata sulla veridicità dei loro
bilanci. Chi giura il falso rischia 20 anni di carcere, 5
milioni di dollari di multa e l¹esclusione dalla business
community.
Rientro dei capitali.
È stato permesso per legge, con una modica tassazione
(del 2,5 per cento), il rientro dei capitali (anche quelli
opachi) fuggiti all¹estero e per anni invisibili al fisco.
Una forma creativa di sanatoria, un modo per il Tesoro di
fare cassa. Ma anche una inedita forma di riciclaggio di Stato,
di ricettazione istituzionalizzata.
Bancarotta.
Un progetto di legge presentato alla Camera da Niccolò Ghedini,
avvocato di Berlusconi, prevede che il reato di bancarotta
fraudolenta, ora severamente punito con pene dai 3 ai 10 anni
e prescritto in 22 anni, diventi un reato «leggero», con pena
massima 3 anni, dunque senza carcere. Secondo la legge Ghedini,
il bancarottiere diventa poi del tutto non punibile se risarcisce
una parte del danno. Rubare diventerebbe dunque di fatto legale,
purché lo si faccia alla grande e con metodi da colletto bianco:
non punibile sarebbe, per esempio, chi fa bancarotta per 100
miliardi, poi restituisce 70 e se ne intasca, all¹estero,
30. La legge sarebbe retroattiva, dunque potrebbe beneficiare
alcuni pregiudicati come Marcello Dell¹Utri, il faccendiere
ed ex compagno di scuola di Berlusconi Romano Comincioli (oggi
senatore di Forza Italia) e il suo vecchio maestro di loggia
Licio Gelli.
Legge Obiettivo.
È una legge sulle opere pubbliche e l¹ambiente.
Approvata rapidamente nei primi mesi del governo Berlusconi,
con forzature procedurali simili a quelle poi usate per la
legge sul legittimo sospetto, la Legge Obiettivo indebolisce
la valutazione ambientale, depotenzia i controlli e rende
minore la trasparenza nella costruzione delle opere pubbliche.
Rogatorie.
I documenti e le prove processuali raccolte all¹estero e inviate
in Italia attraverso rogatoria internazionale sono inutilizzabili
nei processi italiani se non sono in originale, timbrati pagina
per pagina e inviati attraverso i canali ufficiali ministeriali.
Legge già approvata e vigente. Non utilizzata in genere dai
tribunali, che seguono le norme consolidate del diritto internazionale
e accettano le prove provenienti dall¹estero, accompagnate
da una dichiarazione di autenticità dell¹autorità giudiziaria
che le invia. Questa legge, del resto, è in controtendenza
in Europa, dopo che anche gli Stati tradizionalmente più restii
alla collaborazione giudiziaria internazionale (come il Liechtenstein)
sono stati recentemente spinti a cambiare le loro prassi e
fornire assistenza nella lotta contro i crimini finanziari
transnazionali.
Consiglio superiore della magistratura.
Il Csm è stato riformato diminuendo il numero dei suoi componenti
e modificando il sistema per l¹elezione dei membri togati.
L¹intenzione della maggioranza di governo era quella di rendere
il Csm più controllabile dalla politica. L¹ultima tornata
elettorale ha però inviato a Palazzo dei Marescialli una maggioranza
di toghe ben determinata a difendere l¹autonomia della magistratura.
Il governo e la sua maggioranza, spesso aspramente critici
nei confronti del Csm, riservano invece un occhio di riguardo
alla Cassazione, a cui concedono privilegi economici e a cui
intendono aumentare le competenze giudiziarie, anche a scapito
del Csm.
Meno soldi alla giustizia.
Il ministero della Giustizia ha ridotto i fondi
a disposizione delle Corti d¹appello per la gestione ordinaria.
L¹effetto è stato di rendere più difficile il lavoro nei palazzi
di Giustizia italiani. Al Csm che faceva presente la situazione
al ministro, Roberto Castelli spiegava che i tagli delle spese
per la giustizia sono necessari per mantenere gli impegni
elettorali della maggioranza e poter ridurre la pressione
fiscale, come promesso da Berlusconi nel suo «patto con gli
elettori».
Legittimo sospetto.
La legge Cirami-Carrara reintroduce il «legittimo sospetto»
sull¹imparzialità del giudice come motivo per lo spostamento
dei processi, strappati così al giudice naturale. Legge già
approvata al Senato, ora in discussione alla Camera. Il «legittimo
sospetto» potrebbe bloccare i due procedimenti di Milano dove
Berlusconi è imputato con Cesare Previti (Sme-Lodo Mondadori
e Imi-Sir). Legge su misura: laddove non è sufficiente l¹azione
di ostruzionismo condotta dagli avvocati difensori nelle aule
dei tribunali al fine di far scattare la prescrizione (che
ha già salvato Berlusconi in tre processi), ecco che gli stessi
avvocati difensori, che siedono anche in Parlamento, preparano
o contribuiscono a preparare le norme di legge che, cambiando
le regole del gioco, impediscono che la partita si concluda
con una sconfitta.
Legge Pittelli.
Quarantacinque articoli presentati da Giancarlo Pittelli,
di Forza Italia, avvocato, unificano e organizzano le proposte
di una ventina di parlamentari di diverse forze politiche
(tra cui Anedda, Pecorella, Mormino, Cola, Soda, Fragalà),
proponendo una nutrita serie di modifiche al codice di procedura
penale e al codice penale, «in attuazione dei principi del
giusto processo». Ecco le modifiche più rilevanti.
- L¹avviso di garanzia dovrà essere inviato immediatamente
all¹apertura delle indagini. Alla persona iscritta sul registro
degli indagati dovrà essere subito comunicata non solo l¹iscrizione,
ma anche i suoi motivi, con «l¹indicazione delle norme di
legge che si assumono violate». Un mafioso o un pedofilo,
per esempio, dovrebbero essere subito avvertiti che si sta
aprendo un¹inchiesta su di loro, con l¹esito evidente che
questi interromperebbero ogni contatto e ogni attività che
possano loro nuocere, rendendo vane le indagini.
- Diventano più ampi e numerosi i casi in cui scattano incompatibilità,
astensione e ricusazione di un giudice. Questo è obbligato
ad astenersi, tra l¹altro, se «ha manifestato il suo parere
sull¹oggetto del procedimento». Potrà anche essere ricusato
«se ha manifestato il proprio convincimento sui fatti oggetto
del procedimento». Così potrebbe essere obbligato a lasciare
il processo un magistrato che sia intervenuto in convegni
o dibattiti pubblici; e gli imputati potrebbero chiedere la
ricusazione di un giudice che, per esempio, si trovi a giudicare
un reato finanziario e abbia manifestato le sue opinioni sui
reati finanziari in una conferenza al Rotary; oppure faccia
parte del collegio di un processo di mafia e sia intervenuto
in un convegno antimafia.
- Diminuiscono i casi in cui può essere concessa la custodia
cautelare in carcere. Sarà più difficile mandare in cella
anche i mafiosi: a differenza di oggi, sarà infatti necessario
dimostrare ogni volta, anche per gli appartenenti alla criminalità
organizzata, che sussistono il pericolo di fuga, di reiterazione
del reato, di inquinamento delle prove.
- Più difficile per l¹accusa anche ottenere le intercettazioni
telefoniche e ambientali, che possono essere concesse soltanto
in presenza di «gravi indizi di reato» e devono essere «assolutamente
indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini».
Così sono ribaltate le metodolgie d¹indagine: le intercettazioni,
che si sono fin qui dimostrate uno strumento essenziale, tra
i più preziosi ed efficaci, per ottenere indizi e prove, d¹ora
in avanti dovrebbero essere precedute, per essere concesse,
da «gravi indizi», non si sa come formati.
- La difesa avrà la possibilità di impugnare davanti alla
Cassazione tutte le ordinanze del tribunale, quelle che decidono
sulle questioni preliminari, sull¹utilizzabilità degli atti,
sulle nullità concernenti il decreto di rinvio a giudizio,
sulle richieste di prova: con il risultato di intasare la
Cassazione e di ottenere continue interruzioni (ciascuna di
6 mesi) dei processi, che diventerebbero lunghissimi e incelebrabili.
Tra le istanze del «giusto processo» vi sono i tempi ragionevoli
per ottenere giustizia. Invece con la proliferazione dei ricorsi,
il processo è trasformato in una corsa a ostacoli che ha per
traguardo la prescrizione. - Più difficile raccogliere le
prove in dibattimento: la testimonianza di un imputato non
potrà più confermare quella di uno o più coimputati, ma saranno
necessari «ulteriori elementi di prova di diversa natura».
- Le condanne diventano praticamente impossibili: il pubblico
ministero avrà «l¹onere di provare la colpevolezza dell¹imputato
aldilà di ogni ragionevole dubbio»; il giudice, «nel valutare
la prova», dovrà accertare che «la responsabilità dell¹imputato
risulti provata aldilà di ogni ragionevole dubbio», e di questo
dovrà dare «conto nella motivazione» della sentenza: ma perché
quest'insistenza, forse che finora i giudici hanno condannato
a cuor leggero, pieni di dubbi? Ma il metodo della sicurezza
assoluta dovrà valere fin dalle indagini preliminari e dall¹udienza
preliminare, prima del pubblico dibattimento: così sarà impossibile
non soltanto condannare, ma anche rinviare a giudizio. Ai
processi, insomma, non si potrà neppure arrivare.
- Il giudice non potrà più utilizzare, per le sue decisioni,
le sentenze definitive. Così nei processi di criminalità organizzata,
per esempio, bisognerà dimostrare ogni volta che Cosa nostra
esiste, che è un¹organizzazione mafiosa, che è strutturata
e centralizzata, che ha una Commissione che la governa. Sarebbe
la fine dei processi di mafia.
- Diventa obbligatorio per il giudice concedere la diminuzione
di un terzo della pena agli imputati incensurati. Così anche
uno stupratore, purché fin quel momento insospettato, potrà
ottenere una pena ridotta. Tutti gli incensurati potranno
poi sperare nella prescrizione, i cui termini saranno naturalmente
ridotti in proporzione alla diminuzione della pena.
Fine delle intercettazioni.
Il deputato Pierantonio Zanettin, di Forza Italia, propone
di rendere inutilizzabili le intercettazioni telefoniche e
ambientali che riguardano parlamentari. Così non sarebbero
utilizzabili in un processo le intercettazioni riguardanti
deputati e senatori, neanche se provassero che hanno commesso
reati. Per una sorta di «contagio», l¹inutilizzabilità si
estenderebbe poi anche ai non parlamentari. Così a un marito
che ordina al killer di uccidere la moglie o al boss mafioso
che organizza un traffico di droga basterebbe, per rendere
inutilizzabile l¹eventuale intercettazione, infarcire i suoi
discorsi con nomi di deputati o senatori.
Immunità parlamentare.
Il deputato Nitto Palma ha già proposto (e molto probabilmente
riproporrà nei prossimi mesi) l¹introduzione dell¹immunità
parlamentare per gli eletti alla Camera e al Senato. Durante
il mandato, i parlamentari non sarebbero processabili. Continuerebbero
a essere improcessabili se rieletti in un successivo mandato,
e se non rieletti potrebbero comunque sperare nella prescrizione.
È una norma criminogena: chi sa di essere non punibile è più
facilmente spinto a delinquere; così ripartirebbe alla grande,
per esempio, la raccolta di tangenti da parte dei politici.
Ed è una norma che inquina la politica: chi è corrotto o compie
altri reati, forte anche di maggiori mezzi economici, avrebbe
un incentivo in più a cercare di essere eletto in Parlamento.
Revisione delle sentenze definitive.
Una proposta depositata alla Camera permetterebbe, se approvata,
di chiedere la revisione del processo anche a chi ha già subito
una condanna definitiva, confermata in Cassazione. È una proposta
bipartisan: firmata da Michele Saponara, Mario Pepe e altri
nove deputati di Forza Italia, da due democristiani dell¹Udc,
da un esponente di An, uno della Lega, ma anche da deputati
del centrosinistra, Franco Grillini e Franco Angioni dei Ds,
Andrea Colasio della Margherita, Giovanni Russo Spena ed Elettra
Deiana di Rifondazione comunista (questi ultimi hanno però
ritirato le loro firme dal progetto). La possibilità di revisione
è chiesta in nome delle nuove regole del cosiddetto «giusto
processo» approvate nella scorsa legislatura e introdotte
addirittura nella Carta costituzionale: le sentenze emesse
prima del «giusto processo» sarebbero azzerate e i dibattimenti
dovrebbero essere rifatti da capo. Anche quelli che hanno
portato a ergastoli definitivi i boss mafiosi.
La mafia chiede il conto.
Molte delle norme già introdotte o proposte dalla maggioranza
hanno come conseguenza oggettiva quella di favorire la criminalità
organizzata. Il nuovo falso in bilancio introduce zone d¹impunità
che potranno essere sfruttate in pieno dalla zona grigia dell¹economia,
quella che «dialoga» con la mafia. Il rientro dei capitali
premia e rimette in circolo tutti i capitali, anche quelli
mafiosi. Il legittimo sospetto potrà essere usato anche dagli
imputati di associazione criminale, per portare i loro processi
lontano da Palermo e dalla Sicilia, da sedi per definizione
troppo «calde». Potranno sperare di ricusare i loro giudici:
sarà sufficiente che abbiano dimostrato di essere poco «sereni»,
magari parlando di «lotta alla mafia» in qualche scuola o,
chissà, addirittura tenendo sulla scrivania la foto di Falcone
e Borsellino. Potranno puntare a essere giudicati da giudici
più lontani, meno attenti e compententi, sperando nella prescrizione,
o almeno nella scadenza dei termini di custodia cautelare,
con conseguenti scarcerazioni. I messaggi recentemente inviati
dai boss mafiosi ai politici e agli avvocati-parlamentari
sono suonati come richieste ultimative: risolvete i problemi
dei mafiosi in carcere, altrimenti potrebbe cominciare una
nuova stagione di omicidi eccellenti. La presente accelerazione
nella riforma dei codici suona oggettivamente come una risposta
a quelle richieste, o almeno così può essere intesa dalle
organizzazioni criminali. Che possono sperare nella reitroduzione
del legittimo sospetto che già salvò Luciano Liggio. E non
solo: ora anche chi è già condannato in via definitiva, magari
all¹ergastolo, con le regole processuali «vecchie e barbare»
precedenti all¹introduzione del «giusto processo», può
sperare di trovare una via d¹uscita, con la revisione. Se
questa legge passasse, potrebbero andare a revisione anche
i processi sulle stragi Falcone e Borsellino e addirittura
il maxiprocesso di Palermo.
Direzione della polizia giudiziaria.
Una proposta più volte affiorata nel dibattito politico è
quella di affidare le investigazioni alle sole forze di polizia.
Ai magistrati sarebbe sottratta la direzione della polizia
giudiziaria durante la fase delle indagini, e le procure della
Repubblica interverrebbero soltanto a inchieste concluse,
ricevendo dalle polizie gli esiti delle investigazioni. Questo
è un elemento di vera e propria controriforma: annullerebbe
in un sol colpo l¹innovazione del nuovo codice di procedura
penale che forse più d¹ogni altra si è dimostrata produttiva,
avendo permesso il raggiungimento di ottimi risultati soprattutto
nelle indagini sulla corruzione e la criminalità organizzata.
Di certo sarebbe il passaggio delle indagini dalla magistratura,
indipendente e soggetta soltanto alla legge, alle polizie,
strutture sottoposte al diretto controllo del governo. Sarebbe
anche un conseguente crollo delle garanzie per i cittadini,
che sarebbero inquisiti dalle polizie senza il controllo di
legalità della magistratura: una misura che contraddice platealmente
lo sbandierato e «liberale» garantismo del governo.
Amnistia per i reati d¹opinione.
È stata più volte evocata nei mesi scorsi l¹amnistia per i
reati d¹opinione. Particolarmente sostenuta dalla Lega e dal
ministro della Giustizia Castelli, punterebbe a far cadere
alcuni processi in cui sono imputati Umberto Bossi ed esponenti
leghisti, per reati quali il vilipendio alla bandiera.
Riforma dell¹ordinamento giudiziario.
Il ministro della Giustizia Castelli, di concerto con il ministro
dell¹Economia Tremonti, ha presentato una legge delega sulla
riforma dell¹ordinamento giudiziario che è in discussione
alla commissione Giustizia del Senato. Questa dovrà prendere
in considerazione anche i molti emendamenti presentati sia
dalla maggioranza, sia dall¹opposizione. Ecco i punti qualificanti
della proposta governativa.
- Divisione delle funzioni dei magistrati. Diventerebbe più
difficile passare dalla funzione inquirente a quella giudicante
e viceversa. Ma l¹esperienza italiana ha dimostrato che l¹esperienza
di magistrato inquirente è preziosa per chi deve giudicare
e viceversa. E soprattutto che cultura della giurisdizione
e piena autonomia anche del magistrato d¹accusa è una garanzia
per i cittadini, affinché la legge sia applicata in modo davvero
uguale per tutti.
- Alla Corte di cassazione verrebbe concesso un ruolo di vertice
dell¹organizzazione giudiziaria, con attribuzioni erose anche
al Csm. Una scelta che tradisce lo spirito della nostra Carta
costituzionale, la quale alla Cassazione riserva un ruolo
di controllo delle sentenze, non anche dei giudici che le
hanno emesse.
- Potenziato il ruolo dei Consigli giudiziari, organi decentrati
in cui sarebbero rappresentati anche gli avvocati e gli enti
locali interessati alla gestione dei servizi dell¹amministrazione
giudiziaria. Ma così i membri «laici» (cioè non magistrati)
parteciperebbero a delibere relative anche allo status dei
magistrati, in contrasto con la Costituzione che garantisce
l¹autonomia delle toghe, soggette soltanto alla legge.
Obiettivo finale.
Le «riforme» di Berlusconi e della sua maggioranza in materia
di giustizia puntano in definitiva a due obiettivi, sempre
sottintesi ma di tanto in tanto evocati più apertamente: la
fine dell¹obbligarietà dell¹azione penale e la divisione delle
carriere. Con la fine dell¹obbligatorietà dell¹azione penale,
peraltro imposta dalla Carta costituzionale, sarebbe il Parlamento,
o addirittura il governo (come chiesto da Marcello Dell¹Utri),
a scegliere le priorità giudiziarie e a indicare ai magistrati
quali sono i reati da perseguire. La divisione delle funzioni
tra giudici e magistrati inquirenti, a cui seguirebbe una
più netta divisione delle carriere, finirebbe con togliere
autonomia al pubblico ministero, ridotto a semplice «avvocato
dell¹accusa» e infine sottoposto al controllo politico del
governo. Sarebbe, definitivamente, la fine della legge uguale
per tutti.
agosto 2002
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